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Pituni messinesi

17 Gennaio 2012 By Giovanni Cardella 42 commenti

Pituni, pitoni, piduni o pidoni messinese rappresentano un gustosissima pietanza, molto diffusa e fiore all’occhiello della rosticceria messinese. La forma dei pituni, a prima vista, ricorda quella dei panzerotti o quella dei calzoni fritti palermitani; ma è soltanto somiglianza nella forma perché la farcitura è la vera particolarità del pituni messinese.

Ingredienti per l’impasto

500 grammi di farina 00
500 grammi semola di grano duro rimacinata
100 grammi di strutto
Sale q.b.
Acqua q.b.

Per il ripieno

Pomodori maturi
Indivia riccia
Olio extravergine d’oliva per condire
Acciughe salate o sott’olio
Provoletta morbidissima
Olio di semi di arachide per friggere

Procedimento

Lavorare le farine con lo strutto, aggiungendo, poco per volta,  l’acqua necessaria che consenta di ottenere un impasto liscio morbido (non troppo) ed elastico. Far riposare per almeno trenta minuti.
Intanto preparare il condimento tagliando finemente l’indivia, che può essere utilizzata a crudo, condita con olio extravergine d’oliva e po’ di sale, oppure saltata in padella con olio, un pizzico di sale e, se volete, olive nere infornate snocciolate. Quindi i   pomodori tagliati a pezzetti e sgocciolati, le acciughe spezzettate e la provoletta tagliata a pezzetti.
Dall’impasto ricavare delle palline dal peso di circa 100 grammi e ricavare dei dischi in una sfoglia non troppo sottile. Depositare il condimento in metà del disco e ripiegarlo a mezza luna in modo da sigillare dentro il condimento. Chiudere bene i bordi a cordoncino (vedi foto), quindi friggere in olio profondo ben caldo (170°) e servire.

A proposito di Pituni

Chi li chiama pitoni messinesi, forse per italianizzare, chi ancora pituni, che sembra il nome più usato nella provincia, chi ancora pidoni sostenendo che quest’ultima è la vera denominazione. Sarà! Noi sconosciamo l’origine del curioso nome attribuito a questa leccornia, possiamo semplicemente dire che se a Messina dici pituni, pidone o pitoni tutti sanno di cosa parli, pronunciato fuori da Messina puoi essere scambiato per un folle che vuol mangiare un bel pitone (il serpente) fritto!
La ricetta che descriveremo è una gentile concessione di Rosalba di Vincenzo, (amica della nostra pagina Facebook Ricette di Sicilia) che ringraziamo e alla quale rivolgiamo un caloroso saluto.
Come dicevamo, la particolarità del tradizionale pituni messinese (un po’ come per la focaccia messinese) sta nel connubio  di indivia ovvero scarola riccia, pomodoro, acciughe e provoletta (nella nostra ricetta). Poi, come in ogni buona tradizione anche per il nostro pituni può esistere qualche variante rispetto alla tradizione: una può  essere ad esempio l’utilizzo di un formaggio diverso. La nostra amica raccomanda provoletta morbidissima, così come altri usano il formaggio tuma; l’altra prevede anche il mancato impiego del pomodoro e…… Insomma come spesso mi ritrovo a commentare: la cucina è anche creatività, l’importante è cercare di rispettare gli ingredienti tradizionali. Tuttavia può succedere che due vinci di casa preparano la stessa pietanza con delle varianti che si distaccano dalla tipicità ma hanno un gusto ugualmente gradevole. L’importante è non snaturare completamente la ricetta.
Buon pituni, pidoni o pitone a tutti!

Archiviato in: calzoni fritti, panzerotti, Piatti Unici, Rosticceria Etichettato con:formaggi siciliani, rosticceria siciliana

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Commenti

  1. giusy grasso dice

    18 Gennaio 2012 a 18:17

    ciao Giovanni, ho sposato un messinese e so bene cosa sono i pitoni, insieme alla focaccia e alle arancine sono il meglio della rosticceria messinese, durante le nostre vacanze estive messinesi visitavamo parecchie volte la focacceria sotto casa. dunque come avrai capito, ho sempre mangiato quelli fatti da altri, vorrei provare a farli però leggendo gli ingredienti mi sorge un dubbio nell’impasto della farina con lo strutto non va il lievito? Grazie giusy

    Rispondi
    • Giovanni dice

      26 Gennaio 2012 a 10:08

      Ciao Giusy, come avrai sicuramente letto in premessa alla ricetta, menzioniamo la nostra amica che ci ha fornito e permesso di pubblicarla. Lei stessa ci spiega che nella tradizione messinese esistono due scuole di pensiero dove una prevede l’uso del lievito, l’altra invece è quella da noi pubblicata che, fra l’altro ci spiega, è ciò che ha appreso dalla nonna. A presto
      Giovanni

      Rispondi
      • francesco dice

        18 Gennaio 2016 a 21:16

        Qualcuno chiedeva l’origine del termine “pituni”. Credo che sia di origine
        arabo e derivi da “pita” pane azzimo, quindi non lievitato; che si usa farlo
        secondo la tradizione alla vigilia di Natale e di Pasqua. L’uso della scarola
        riccia o invidia affonda le sue radici nell’erba di sapore piuttosto amarognolo
        accompagnata dalla tuma o formaggio primo sale e dall’acciuga.
        Lo strutto non credo fosse un ingrediente usato nell’impasto di pane azzimo.
        Franco Billè

        Rispondi
        • Giovanni Cardella dice

          29 Gennaio 2016 a 10:27

          Grazie Franco Bille’ per le tue esaudenti informazioni che mettiamo a disposizione degli amici di ricette di Sicilia. A presto

          Rispondi
  2. Salvatore dice

    10 Febbraio 2012 a 12:09

    Ottime ricette,mia moglie conferma l’originalità.auguri per il vostro sito e ancora complimenti.
    Salvatore Alaimo

    Rispondi
  3. mery dice

    14 Marzo 2012 a 14:33

    Nella ricetta dei pitoni avete dimenticato il lievito….nel messinese non si fanno con la semola rimacinata..io metto la manitoba con la 00…scusate l’intromissione

    Rispondi
    • Giovanni dice

      15 Marzo 2012 a 20:00

      Ciao Mery, forse ti è sfuggito di leggere la risposta al commento precedente di Giusy. Come dicevamo, la ricetta è di una amica della nostra pagina facebook, la quale specifica anche che nella tradizione esistono due ricette, dove in una è previsto l’uso del lievito, mentre nella nostra no. Del resto, come ci informa ancora la nostra amica, questa è una ricetta che ha appreso dalla nonna.

      Rispondi
  4. maria dice

    15 Marzo 2012 a 11:44

    Scusate ma vi siete dimenticati di mettere il lievito negli ingredienti….nel messinese la semola rimacinata non la mettiamo..solo farina…un saluto e complimenti per il blog.

    Rispondi
    • Giovanni dice

      15 Marzo 2012 a 20:15

      Ciao Maria, intanto ti ringraziamo per i complimenti al nostro sito poi, per quanto riguarda la ricetta diciamo anche a te che l’autrice è una nostra amica messinese. Infine, come succede in tutte le ricette, esistono variazioni e personalizzazioni che, a volte, si discostano dalle tradizioni.
      Come dico sempre: la cucina è anche creatività, l’importante è non snaturare del tutto gli ingredienti.
      Ancora grazie, e a presto

      Rispondi
  5. LILLA dice

    17 Aprile 2012 a 18:04

    Posso dire la mia???……è vero che alcuni mettono il lievito altri no….alcuni utilizzano solo farina 0…..altri semola più farina 0…..Ma la tradizione vuole…..il formaggio tuma……perchè anticamente la ” provoletta” non c’era!!!!…..il pomodoro è sato aggiunto negli anni 70……mentre prima non si metteva…

    …in ogni caso come si fanno…fanno……sono sempre buoni…..personalmente io preferisco quelli casarecci!!

    Rispondi
  6. Calogero dice

    22 Luglio 2012 a 17:54

    Mi sono nuovi e… devono essere davvero buoni. Grazie mille.

    Rispondi
  7. Carola dice

    27 Luglio 2012 a 12:33

    Ciao ragazzi le vostre ricetto risvegliano il mio appetito e vorrei provare di tutto ma vivo all’estero e spesso ho difficolta’ a reperire alcuni ingredienti come lo strutto.
    Cosa potrei utilizzare in alternativa?

    Rispondi
  8. Carola dice

    27 Luglio 2012 a 12:35

    (ho saltato una parte) so che potrei sostituirlo con il burro ma viene bene los tesso? lo strutto non e’ piu’ grasso e salato?

    Rispondi
    • Giovanni dice

      31 Luglio 2012 a 09:22

      Ciao Carola, anche se il gusto sarà leggermente diverso, in alternativa puoi usare la margarina vegetale.

      Rispondi
  9. Roberta dice

    5 Agosto 2012 a 00:17

    Ciao vorrei anch’io dare la ricetta della mia nonna,che non metteva nè il lievito nè lo strutto, ma solo la farina 00 ,l’acqua e il sale, se si mette il lievito la pasta tende a non spianarsi bene e con lo strutto il gusto si altera. Inoltre il pomodoro nella ricetta originale non c’era proprio. Il pomodoro veniva messo da quelli che non erano originari della città ma della provincia, purtroppo con il tempo gli usi dei dintorni hanno un pò prevaricato su quelli cittadini. Chi come me si ricorda ancora il rosticcere per eccellenza di Messina, cioè Nunnari (conosciuto anche per aver creato l’arancino),potrà sicuramente dirvi che lui il pomodoro non lo metteva proprio perchè nella cottura butta una sorta di liquido acidognolo che guasta il tutto. La scarola o dicasi indivia riccia viene messa cruda,ben lavata e ben asciugata, e condita solo con olio d’oliva, pepe e sale.Oltre quelle nel ripieno ci va un filetto d’acciuga,(sotto sale o sott’olio è uguale) e assolutamente la Tuma che è il formaggio che si dovrebbe mettere anche sulla focaccia messinese e che veniva usata anche per la pasta incaciata (piatto tipico del 15 agosto). Ogni panetto di pasta viene poi spianato con il mattarello e fatta una base tonda abbastanza fine che viene riempita su una metà e ripiegata, poi ritagliata con la rotellina copapasta,quella ondulata. Infine per la frittura, venivano fritti,due per volta, prima da un lato e poi dall’altro in una padella con circa mezzo dito d’olio.

    Rispondi
  10. emy dice

    23 Novembre 2012 a 22:16

    Scusate ma si usa acqua tiepida o fredda ? alcuni a Messina parlano di acqua gassata per rendere più leggera la pasta altri parlano addirittura di birra, cosa sapete in merito ?

    Rispondi
    • Giovanni dice

      4 Dicembre 2012 a 14:42

      Ciao Emy, per qualsiasi impasto è bene usare acqua a temperatura ambiente. Per quanto riguarda invece l’uso della birra o dell’acqua gasata possiamo dirti che servono in presenza di paste che agevolano la lievitazione. Pertanto, come ci consiglia la nostra amica che ci ha consentito di pubblicare la ricetta, per il pituni non va messa ne birra ne acqua gasata.

      Rispondi
  11. Maria Luisa dice

    26 Dicembre 2012 a 18:11

    Esiste una versione dolce dei pitoni ripieni di ricotta zuccherata e poi cosparsi di zucchero…. una delizia

    Rispondi
    • Salvatore dice

      24 Dicembre 2020 a 04:51

      Quando mia mamma e mia zia facevano i pitoni negli anni 60, ne facevano 2 tipi.
      Uno era precisamente come la presente ricetta però mai con il pomodoro.
      L’altra veniva fatta con ricotta ben scolata e più tosto asciutta e fette di prosciutto crudo. Io non li li ho mai provati così, ma il resto della famiglia li gradiva.

      Rispondi
  12. andrea dice

    24 Marzo 2013 a 18:44

    Qualcuno conosce l’origine del nome pidone o pitone? in altre parole: perchè si chiamano così? Grazie

    Rispondi
  13. francesco dice

    19 Ottobre 2013 a 00:10

    Complimenti per la ricetta, mi permetto di arricchire l’originalità della tradizione messinese suggerendo il metodo che utilizza mia madre donna di antiche tradizioni(83 anni) per sigillare il bordo del pidone utilizzando le punte di una forchetta.

    Rispondi
  14. santina dice

    27 Settembre 2014 a 17:09

    Brava Roberta…tu si che sai cosa sono i pitoni…e te lo dico io che sono una messinese doc…complimenti
    ps .. grande Nunnari

    Rispondi
    • Roberta dice

      22 Dicembre 2015 a 17:30

      grazie Santina, ogni tanto si trova ancora qualcuno che conosce le antiche tradizioni. Mi piacerebbe trovare altra gente per poter creare un punto di riferimento sulle antiche ricette che purtroppo vengono sempre più manipolate e non mantenute.

      Rispondi
  15. Felicia Mancuso dice

    3 Febbraio 2015 a 20:35

    mi spiace constatare che messinesi, che si definiscono doc, fanno anche qui l’enorme errore di chiamare il ns ” piduni “, pitone, che in italiano significa SERPENTE di certo non è per niente sinonimo ” du piduni “, potrebbe essere tradotto con la parola calzone/i, termine usato nei menù delle pizze ,al limite aggiungendo messinese/i
    l’ideale però sarebbe lasciarlo nella lingua madre
    giusto?

    Rispondi
    • Giovanni Cardella dice

      4 Febbraio 2015 a 20:43

      Ciao Felicia, sò benissimo che il serpente non è sinonimo di piduni.
      Sono d’accordo con te che la cosa giusta è (e non sarebbe) chiamarli nella lingua madre, tant’è che in premessa alla ricetta elenchiamo una serie di vocaboli compreso quello di piduni. Tuttavia, come proporre u piduni ad un non siciliano rimasto colpito da questa leccornia se non con qualcosa di italianizzato?
      Come spiegare in italiano, ad esempio, cosa è la cubbaita? O moltissime altre forme dialettali che non hanno alcun riscontro nella lingua italiana?
      In conclusione ritengo giusta la tua osservazione ma mettiamo da parte la pignoleria. A presto
      Giovanni

      Rispondi
  16. Carlo dice

    3 Marzo 2015 a 17:44

    La mia nonna materna lasciò Messina nel ’43, si sposò col nonno bergamasco.

    Li chiamava PEDONI e li faceva senza pomodoro. Non so il perché della storpiatura dal Messinese al Lombardo.

    In assoluto il mio piatto preferito da sempre. Ricordo che da bambino l’ultimo lo mangiavo – freddo – verso mezzanotte prima d’andare a letto, per poi piangere perché poi stavo male tanti ne avevo mangiati.

    Ora sono, da Cremasco (…), il detentore della ricetta in famiglia.

    Rispondi
    • Giovanni Cardella dice

      7 Marzo 2015 a 11:05

      Ciao Carlo, se vuoi facci conoscere la tua variante (qualunque sia il nome) così la faremo conoscere ai nostri amici. A presto

      Rispondi
      • Carlo dice

        23 Marzo 2015 a 13:08

        Giovanni

        la mia nonna li faceva seguendo la ricetta proposta da Roberta: impasto con farina 00, insalata riccio e filetto di acciuga.

        Sul formaggio in genere metteva la fontina, o provoletta, o comunque formaggi simili.

        Immagino per questioni pratiche di impossibilità nel reperire la Tuma.

        Con la pasta che avanzava, infine, preparava i cosiddetti “fidanzati”. Una piccola striscia di pasta stesa, a cui dava forma a mo’ di persona con braccia, testa e gambe, e che poi friggeva. Questo rappresentava l’antipasto che non poteva assolutamente mancare.

        Rispondi
  17. Gordon Ramsey dice

    25 Giugno 2015 a 05:37

    Mi dispiace dirlo ma…
    “U pituni missinisi” fritto va fatto rigorosamente senza lievito è proprio quella la caratteristica. Come farina si può usare qualsiasi farina evitando quelle troppo forti visto che è un impasto non lievitato ed oltre ad essere inutile risulterebbe troppo pesante.
    Dentro si mette “a scarola”, acciughe(o pasta di acciughe), formaggio tuma e come optional qualche pezzo di pomodoro tagliato a concassè per dare colore, un filo d’olio, sale e pepe.
    Nelle rosticcerie al giorno d’oggi a Messina pochissimi li fanno così visto che la tuma a molti non piace e si preferisce usare formaggi insipidi a pasta filata da 4 soldi.

    Il discorso è invece diverso quando si parla della variante al forno dove invece nell’impasto il lievito va messo.

    Rispondi
    • Giovanni Cardella dice

      25 Giugno 2015 a 20:31

      Egregio signor Gordon Ramsey, intanto mi fa tanto piacere dialogare con il tenutario della ricetta originale del pituni messinese. Detto questo, vorrei innanzitutto puntualizzare che la ricetta del sito prevede l’uso di farine a basso contenuto proteico (quindi affatto forti come lei indica); Dentro, come dice lei, suggeriamo indivia riccia (scarola), acciughe, sempre come dice lei, pomodori maturi, come dice lei, olio, sale e pepe, come dice lei, niente lievito, come dice lei. L’unica grande tremenda differenza sta nel formaggio: noi scriviamo provoletta lei invece indica tuma. Tuttavia, non ha avuto pazienza di leggere fino in fondo il nostro articolo. Infatti puntualizziamo: …”come in ogni buona tradizione anche per il nostro pituni può esistere qualche variante rispetto alla tradizione: una può essere ad esempio l’utilizzo di un formaggio diverso. La nostra amica raccomanda provoletta morbidissima, così come altri usano il formaggio tuma; l’altra prevede anche il mancato impiego del pomodoro e…… Insomma come spesso mi ritrovo a commentare: la cucina è anche creatività, l’importante è cercare di rispettare gli ingredienti tradizionali”…
      Infine, la informo che nel mio sito non accetto apprezzamenti offensivi di nessun genere e pertanto ho cancellato ciò che secondo me rientrava in questi parametri.
      Cordialmente
      Giovanni Cardella

      P.S. Gordon Ramsey o Ramsay????

      Rispondi
      • Gordon Ramsey dice

        4 Agosto 2015 a 18:53

        Mi chiamo Ramsey perché dovrei chiamarmi ramsay???
        Comunque la sua è tra le ricetta che più si avvicina all’originale, manca solo qualche piccolo ingrediente segreto che si tramanda di padre/madre in figlio.
        I pidoni messinesi si fanno con la tuma, possiamo stare qui a discutere anni. Per lei sarebbe lo stesso se la carbonara la faccio con i cubetti di mortadella?!?!?! Purtroppo nel corso degli anni a Messina si è visto un impoverimento oltre che delle tradizioni anche della qualità complessiva nel settore ristorazione(e non solo), per questo si vedono pitoni fatti con la pasta filata da 4 soldi, col lievito, perché non usano lo strutto che costa caro ed alla fine si mangia un panzerotto scadente, non parliamo poi delle granite al fatte con le bustine…

        Rispondi
        • Giovanni Cardella dice

          7 Ottobre 2015 a 19:41

          Sig. Ramsey la puntualizzazione sul suo nome era dovuta al fatto che mi sembrava alquanto strano che Gordon Ramsay (chef e ristoratore inglese) si fosse scomodato a commentare le nostre ricette siciliane: omonimia!
          Per quanto riguarda la ricetta in questione e le sue legittime (?) affermazioni non voglio, e non posso, entrare nel merito di valutazioni del settore ristorazione messinese, in primo luogo perché non conosco la situazione del settore, e poi perché non lo ritengo un argomento di conversazione per il nostro sito.
          La ringrazio per il suo interessamento e cordialmente la saluto.
          Giovanni Cardella

          Rispondi
  18. Mimmo dice

    24 Dicembre 2015 a 18:30

    Azzardo una spiegazione del nome. Pituna=Piedoni. Forse per via della forma.

    Rispondi
  19. Salvatore dice

    6 Marzo 2016 a 14:07

    Buongiorno a tutti, qualcuno potrebbe spiegarmi quali sono gli ingredienti e i procedimenti per i pitoni ripieni di ricotta? Grazie!!!

    Rispondi
    • Giovanni Cardella dice

      16 Aprile 2016 a 01:14

      Ciao Salvatore, pubblico il tuo commento nella speranza che qualche nostro frequentatore possa suggerirti la ricetta. Io però penso che Basta cambiare il ripieno a questa ricetta! O no?

      Rispondi
  20. Giovanni dice

    23 Febbraio 2018 a 22:28

    Mi spiace contraddirvi ma nel VERO pidone messinese il pomodoro non esiste. La ricetta originale è scalora tuma acciughe sale e pepe nero. Il pomodoro non è altro che una variante che è stata creata successivamente così come il pidone al prosciutto e formaggio, ma la ricetta originale è quella senza pomodoro.

    Rispondi
    • Giovanni Cardella dice

      3 Marzo 2018 a 12:43

      Ciao Giovanni, non avevamo alcuna intenzione di profanare il VERO pidone messinese! Probabilmente non hai letto tutto l’articolo fino in fondo. Diciamo fra l’altro: …”La ricetta che descriveremo è una gentile concessione di Rosalba di Vincenzo, (amica della nostra pagina Facebook Ricette di Sicilia) che ringraziamo e alla quale rivolgiamo un caloroso saluto.
      Come dicevamo, la particolarità del tradizionale pituni messinese (un po’ come per la focaccia messinese) sta nel connubio di indivia ovvero scarola riccia, pomodoro, acciughe e provoletta (nella nostra ricetta). Poi, come in ogni buona tradizione anche per il nostro pituni può esistere qualche variante rispetto alla tradizione: una può essere ad esempio l’utilizzo di un formaggio diverso. La nostra amica raccomanda provoletta morbidissima, così come altri usano il formaggio tuma; l’altra prevede anche il mancato impiego del pomodoro e…… Insomma come spesso mi ritrovo a commentare: la cucina è anche creatività, l’importante è cercare di rispettare gli ingredienti tradizionali. Tuttavia può succedere che due vinci di casa preparano la stessa pietanza con delle varianti che si distaccano dalla tipicità ma hanno un gusto ugualmente gradevole. L’importante è non snaturare completamente la ricetta”….

      Rispondi
  21. Giuseppe dice

    8 Ottobre 2018 a 13:42

    Riporto una tradizione antica di almeno 120 anni (sarebbe oggi più o meno l’età della mia nonna materna). Mai usato il lievito, sempre la semola rimacinata, mai il pomodoro. Le acciughe non sono facoltative, tutt’altro: scarola riccia, tuma e acciughe sono i tre soli e unici ingredienti del ripieno (tutto il resto è una variante, rispettabile, ma una variante). Riguardo al termine credo anch’io che derivi da “pita”, la focaccia azzima cotta sulla pietra rovente.

    Rispondi
    • Giovanni Cardella dice

      14 Ottobre 2018 a 19:45

      Ciao Giuseppe, La nostra ricetta è una gentile concessione di una nostra amica messinese che, sicuramente, come precisi nel tuo commento, ci avrà fornito la sua ricetta che sarà una variante alla ricetta tradizionale.
      Grazie infinite per le preziose informazioni
      A presto

      Rispondi
      • Giusi dice

        13 Gennaio 2023 a 09:22

        Lei ha davvero una pazienza infinita! È sempre cortese, pacato e preciso, oltre che simpatico! E non attacca mai! La seguirò con piacere, la sua ricetta rispecchia fedelmente quella che faceva mia madre e mi ricorda quegli anni così belli vissuti a Messina da adolescente. Grazie!

        Rispondi
        • Giovanni Cardella dice

          25 Gennaio 2023 a 13:14

          Buongiorno Giusi
          Grazie per l’ossevazione più che legittima.
          Il mondo delle ricette è vastissimo e qualcuno pensa di essere il tenutario delle ricette originali e quando vede qualcosa di diverso si sente autorizzato a esprimere più o meno educatamente la propria opinione.
          E’ vero, cerco di essere sempre il più paziente possibile, cercandi di rispettare le opinioni personali nel rispetto delle regole fondamentali dell’educazione. Tuttavia, quando queste regole non vengono rispettate allora non sono più gentile e tollerante.
          Grazie per il commento e per il suo interessamento al nostro blog.
          Buona giornata

          Rispondi
  22. Francesco dice

    10 Novembre 2019 a 22:20

    La ricetta di mia madre (del 1901 e che era “messinese” da innumerevoli generazioni) è come quella indicata da Roberta il 5 agosto 2012 e in messinese si dicevano pituna (con il plurale in a, alla latina , come in genere il plurale in siciliano

    Rispondi

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