Ù cicireddu è un comunissimo pesciolino che va ad impreziosire i peccati di gola della cucina siciliana. È conosciuto in tutta Italia con il nome di cicirello che, con piccole sfumature, cambia da regione a regione; dalle nostre parti è “ù cicirìeddu” così come in altri luoghi dell’isola è cicireddu, ciciredda, aluzziteddi e russulidda.
Ingredienti
1 kg cicirello
farina di grano duro
olio di arachidi per friggere
sale q.b.
Limone (per chi lo gradisce)
Procedimento
Mettere a riscaldare l’olio che deve essere ad una temperatura di circa 170/180° (meglio se potete usare una friggitrice); in ogni caso l’olio non deve fumare. Passare alla farina di grano duro “ù cicìrieddu” avendo cura di far scivolare via la farina eccessiva, in modo che i pesciolini restino separati e non si attacchino l’uno con l’altro. Quando l’olio sarà a temperatura far dorare per pochi minuti il pesce, quindi toglierlo dalla padella e depositarlo su carta assorbente da cucina. Servire ancora caldi e croccanti spolverando con un pizzico di sale e, per chi lo gradisce, qualche goccia di limone. Un consiglio? Prima di preparare ù cicìrieddu, prendete in considerazione la muffoletta che sarebbe l’ideale per l’uso….
Buon appetito
Curiosità
Non è un pesce pregiato, tuttavia si presta moltissimo per la realizzazione di una ricercata leccornia da buongustai.
Come assiduo frequentatore di friggitorie palermitane, questo piccolo pesce resta scolpito nella mia memoria perché all’epoca, “ù cicirìeddu frittu”, faceva concorrenza al più comune pane con le panelle e cazzilli. Infatti, la classica pagnottella o la “mezza mafalda”, spesso venivano farcite con questa frittura, magari con qualche goccia di limone, e gustato rigorosamente sul luogo, ancora rovente di padella e avvolto da un foglio di carta da fornaio, quella leggera colore beige per chi lo ricorda.
Oggi, anche se l’atmosfera non è quella della friggitoria, questo sfizio me lo godo a casa mia, perché non tutte le friggitorie mantengono questa antica tradizione.
La ricetta è semplicissima da preparare, l’unica accortezza sta nel fatto che nella frittura i pesciolini restino separati, ovverosia “sciolti sciolti” come raccomandava di solito a sua figlia una persona a me molto cara.
ciao sono capitata sul tuo blog cercando la brioscia siciliana ( sono tornata ieri da 2 settimane a Lipari Canneto) adoro la cucina siciliana ho comprato 2 libri e adoro le granite siciliane con la brioscia (al caffè con panna…. il tuo sito mi piace un sacco. Sabato prossimo vorrei preparare le brioche con la tua ricetta e la granita per poi farci colazione domenica. Poi ti racconto come è andata. Paola
Ciao Paola, facci sapere.
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Ricette di Siclia
…dalle mie parti, la provincia di Messina, questi si chiamano “sciabbacheddu”.
Lo sciabbacheddu è un pochino più grosso e corto. Questi pescetti, invece, sono stretti e lunghi e da noi a Messina si chiamano ciciredda.
Anzitutto complimenti, splendido sito!
Per grazgra, in realtà lo sciabbacheddu è un misto di piccoli pesciolini diversi tra loro, quello descritto in questa ricetta e la ciciredda, in diletto messinese che si chiama russulidda quando è ancora più giovane e quindi più piccola. L’unica cosa che hanno in comune con lo sciabbacheddu è il fatto che per entrambe “la morte loro” è il fritto!!!