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Pasta con macco di fave e finocchietti

1 Aprile 2011 By Giovanni Cardella 7 commenti

La pasta con macco di fave, in siciliano maccu di favi, è un antico piatto della cucina povera siciliana che viene sfruttato così com’è oppure, come nel nostro caso, accompagnato con i “tagghiarini” (pasta simile alle tagliatelline). Anticamente la pasta veniva posta in vendita in cassetti che contenevano i vari formati. Allorché  i cassetti si svuotavano, restavano rimasugli di pasta spezzettata che il negoziante metteva in vendita a minor prezzo; ed è questo il tipo di pasta che veniva impiegato per realizzare la pasta cu’ lu maccu.

Ingradienti

400 grammi di fave secche senza la buccia
Un mazzetto di finocchietto selvatico
300 grammi di tagliatelline (ancora meglio quelle fatte in casa)
Qualche cucchiaio di olio extravergine d’oliva
Pepe macinato al momento

Procedimento

Pulire bene il finocchietto, tagliarlo a pezzi e metterlo da parte. Mettere le fave sgusciate in acqua fredda per una notte (noi abbiamo usato la pentola a pressione che, oltre a ridurre notevolmente i tempi di cottura, evita questa fase). Mettere le fave a bollire in abbondante acqua, aggiungere i finocchietti tagliati (conservarne qualche rametto) e far cuocere, a fiamma dolce, per un paio d’ore (con la pentola a pressione circa mezz’ora), schiacciando le fave saltuariamente con un cucchiaio di legno.

 

Quasi a fine cottura aggiustare di sale e quando la purea sarà pronta aggiungere la pasta e completare la cottura.
Servire spolverando con il pepe, condire con l’olio e completare depositando sulla minestra qualche rametto di finocchietto messo da parte in precedenza.

 

Curiosità

L’origine della ricetta è del ragusano, tuttavia è tipica anche delle Madonie ed di tutti i luoghi della Sicilia. La differenza sostanziale sta nell’aggiunta di ingredienti che, di volta in volta, vengono uniti al maccu per arricchire il gusto di questa minestra asciutta, come il finocchietto selvatico, il pomodoro e la zucca gialla.
Lu maccu, che veniva e viene realizzato previa lunga cottura, si riduce in una densa purea che una volta  raffreddato, poteva essere tagliato a fette, così da costituire la colazione per i contadini, come al nord si usavano le fette di polenta.
La coltivazione delle fave (che fin dai tempi di Pitagora, avveniva alternandola ciclicamente con quella del frumento, per mantenere fertile la terra), assieme a lenticchie, ceci, fagioli e piselli secchi, costituivano un cibo molto nutriente e pertanto importante nell’alimentazione contadina. E così, come avveniva per i rimasugli di pasta, anche nelle case contadine ad inizio di primavera, nasceva l’esigenza di eliminare i residui dei legumi. A questo punto non possiamo fare a meno di accennare al “maccu di San Giuseppi” (piatto tradizionale per l’omonima festa a Paternò e nel siracusano) perché è proprio in questo piatto che vengono sfruttati i residui dei legumi di cui abbiamo parlato.
Per quanto riguarda l’etimologia, maccu deriva dal  tardo latino maccare (schiacciare, ridurre in poltiglia) ed è inoltre legato al personaggio delle favole romane Maccus, progenitore di Pulcinella.
In conclusione, per confermare il valore nutrizionale del maccu, esiste un aforisma siciliano che lo lega a questo piatto
che recita: “panza cuntenti cori clementi, panza dijuna nenti pirduna” (letteralmente: pancia contenta cuore clemente, pancia digiuna niente perdona).

Archiviato in: Primi Etichettato con:finocchietto di montagna finocchietto, finocchietto selvatico, macco, macco di favesecche, macco difave, ortaggi siciliani

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Commenti

  1. germana dice

    13 Settembre 2011 a 21:11

    Una delle tante cose che mi piacciono del Vs site e` la possibilita` di trovarvi ricette semplici della cosiddetta “cucina povera”, che nessun manuale di cucina si sognerebbe mai di pubblicare, ma che per noi siciliani rappresentano il “quotidiano”, passato e presente. A casa mia u maccu si mangiava spesso, anche nella variante coi piselli secchi (senza finocchietto, sostituito da un soffrittino di cipolla aggiunto a meta` cottura)ma anche qui` in Grecia (vi ho gia detto che vivo a Creta)e` frequente trovarlo a tavola, servito freddo su fette di pane casereccio e condito con un filo di olio ExtraV. In realta’ nella cucina siciliana c’e` molto della cucina greca e di questo avremo sicuramente modo di parlare. Cordialmente, Germana.

    Rispondi
  2. Giovanni dice

    28 Settembre 2011 a 19:37

    Ciao Germana mi fa tanto piacere scambiare opinioni con voi che vivete in un’altra nazione. Non dimentichiamo che, fra le tante dominazioni in Sicilia, quella greca ha lasciato segni indelebili pertanto, non è strano, a volte, trovare ricette, se non comuni, molto somiglianti. Quando vorrai facci sapere. Grazie e a presto
    Ricette di Sicilia

    Rispondi
  3. rosario dice

    31 Gennaio 2012 a 15:44

    buona idea

    Rispondi
  4. dino santo dice

    7 Marzo 2012 a 13:20

    mi sapreste dare la ricetta dei ” pagghiazzi”; erano delle frittelle che mia madre mi faceva quando ero piccolo.Ma non ho la più pallida idea di come veniva preparata quella pastella.Se potete aiutarmi,ve ne sarò grato.grazie-

    Rispondi
    • Giovanni dice

      13 Marzo 2012 a 20:58

      Ciao Dino, non conosciamo la ricetta dei pagghiazzi, tuttavia se ci indichi zona della Sicilia, ingredienti o qualcosa che possa darci qualche informazione. Magari è conosciuta con altri nomi. Facci sapere. A presto
      Ricette di Sicilia

      Rispondi
  5. Tastando dice

    31 Dicembre 2015 a 14:16

    Ciao Giovanni!
    Noi per rendere il macco di fave più gistoso aggiungiamo sedano, carote e una sfumata di vino bianco 😉

    Rispondi
    • Giovanni Cardella dice

      1 Gennaio 2016 a 08:57

      Ciao Tastando, mi pare interessante, al più presto la proveremo. A presto

      Rispondi

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