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Stigghiuola o stigghiole

1 Febbraio 2011 By Giovanni Cardella 9 commenti

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Stigghiuola, stigghiola, stigghiuole, italianizzato stigliole sono l’ennesimo cibo da strada tipico dell’ antica cucina siciliana ed in particolare della cucina palermitana. Cucina povera? Sicuramente si. Tuttavia le associazioni caratteristiche degli ingredienti rispecchiano l’antichissimo cibo da strada della blasonatissima cucina dei buffittieri (i venditori di cibo da strada, nel nostro caso l’odierno “stigghiularu”).

Ingredienti

Budellina di agnello o di capretto
Limoni
Prezzemolo q.b.
Cipollotti (che a Palermo prendono il nome di “cipudda scalogna”)
Sale e pepe q.b.

Procedimento

Dopo aver lavato con molta attenzione le budellina in acqua corrente tagliarle in lunghezza aiutandovi con le forbici. Sgrassarle con abbondante succo di limone e quindi lavarle in acqua salata, sgocciolarle ed asciugarle.
Nel frattempo, dopo aver pelato la cipolla e aver preso i migliori gambi di prezzemolo interi, formare dei fastelli formati da cipollotti e gambi di prezzemolo ravvoltolati con le strisce di budellina  (vedi foto). A questo punto le stigghiuola sono pronte per la cottura.
Preparare la brace usando possibilmente legna di ulivo. Disporre una griglia sulla brace, ad una distanza di almeno 30 cm. e,  quando la brace sarà meno viva, disporre sulla graticola le stigghiuola. Lo  scopo è di farle arrostire lentamente. Quando saranno ben cotte servire ben calde spolverandole con sale e pepe. C’è  pure chi preferisce condirle semplicemente con sale e limone spremuto.

Curiosità

Gaetano Basile, palermitano d’oc e narratore coinvolgente di vicende siciliane, nel suo “Dizionario sentimentale della parlata siciliana”, sotto la voce stigghiola scrive testualmente:

si facevano arrostire  già nel thermopolion (luogo dell’agorà dove si potevano consumare bolliti e fritture) delle città greche di Sicilia le delicate budellina di capretti e agnelli, ma pure quelle vaccine. Per fortuna sono arrivate fino a noi sopravvivendo a bandi, divieti, norme igieniche, HACCP. È cibo da pomeriggio, roba da five ‘o clock, quando il cielo viene invaso da fumi biancastri e odorosi che portano in alto, nei cieli, l’odore delle nostre umane miserie. È cibo greco che, curiosamente, ci perviene con un nome latino: extilia sono gli intestini, ed extiliola è un diminutivo da innamorato, se permettete. Li vendevano crudi gli strifizzàri di una volta (chi macellava gli animali e ne vendeva le carni ), ora si trovano soltanto arrostite, pronte a essere prese delicatamente con tre dita della mano destra e portate in bocca. Ce ne sono due modelli: il primo, quello cittadino, è fatto di budella, ben lavate  naturalmente, infilzate ad anse su uno spiedo di ferro; l’altro è la ricercata stigghiola viddàna, che si fa nei paesi della provincia con budelline di agnello e/o capretto ravvoltolate attorno a un pezzetto di cuore, fegato o altro della bestia stessa. Non possiamo esprimerci: tutti e due sono antiche delizie che surrogarono la carissima carne, lontana anni luce dalle possibilità economiche dei poveracci. Non beveteci sopra intrugli di lattine colorate: è cibo che vuole il vino, un buon vino rosso della stessa terra che ha dato loro i natali. Oggi rappresentano una facies importante dell’antichissimo cibo di strada. Un aspetto della mobilissima cucina dei buffittieri.


A proposito del vino che deve accompagnare questo cibo vi racconto un aneddoto noto ai palermitani: due coniugi portano il loro pargoletto al pronto soccorso; il medico di turno, dopo aver visitato il malcapitato, chiede ai genitori: ma cosa avete dato da mangiare al bambino, che fra l’altro puzza pure di vino?
E i genitori: stigghiuola signor dottore!
E il dottore: a parte le stgghiuola che non si addicono ad un bambino, vi pare giusto, a questa età, fargli bere il vino?
E i genitori: dottore, secondo lei supra i stigghiuola chi ci vuleva fari viviri, u latti? (tradotto: dopo le stgghiuola cosa gli dovevamo dare da bere, il latte?)…

Archiviato in: Antipasti, Piatti Unici, Rosticceria, Secondi

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Commenti

  1. Vivì dice

    1 Febbraio 2011 a 14:47

    Che bella la storia delle stigghiuole! Conoscerne finalmente l’etimologia mi ha esaltato. Adoro i vostri approfondimenti e commenti che aggiungono senso e sapore alle ricette e rimandano l’eco di tempi lontanissimi!

    Rispondi
  2. Giovanni dice

    5 Febbraio 2011 a 11:33

    Ciao Vivì, le tue genuine parole non fanno altro che spronarci a proseguire su questa strada. Il nostro intento è proprio quello di dare qualche informazione in più sulle tradizioni secolari della nostra cucina. Quando riceviamo consensi come il tuo significa che, in qualche modo, ci stiamo riuscendo. Grazie e a presto.
    Ricette di Sicilia.net

    Rispondi
  3. carmela dice

    13 Marzo 2011 a 20:36

    ce qualcuno che gentilmente mi puo dare la ricetta dei spitini di carne che mia mamma faceva li vorrei fare pure io grazie

    Rispondi
  4. Marco dice

    19 Gennaio 2012 a 12:49

    Queste si facevano pure al paese mio, Terracina, Lt, uguali uguali, tanto che mi fa pensare che di greco abbiano poco. Sono i classici cibi di origine pastorale.

    Rispondi
  5. Calogero dice

    27 Gennaio 2012 a 19:27

    Magari qualche giorno le cucino… Sono davvero buone…

    Rispondi
  6. agata dice

    29 Aprile 2012 a 15:05

    MIIIIIIII sino circa 40 che non le mangio!!!

    Rispondi
  7. Lauretta dice

    14 Agosto 2013 a 18:14

    Ah, meravigliose. Non le conoscevo, le ho scoperte quest’estate a Siculiana. Quanta fantasia e arte vengono dal popolo, che nella povertà scopre mille modi per valorizzare quel che ha e insaporire la sua mensa! Tanto di cappello alla profonda cultura siciliana., per me la numero uno nel mondo!

    Rispondi
  8. Enrique j. Fernández Bertolini dice

    20 Luglio 2018 a 01:46

    En Uruguay lo denominamos “chotos”,son muy parecidos.La diferencia está en que envolvemos un trozo de cuajo de cordero o tripa gorda de cordero ,con la tripa fina.No le ponemos ni cebolla ni perejil.

    Rispondi
    • Giovanni Cardella dice

      28 Luglio 2018 a 18:56

      Ciao Enrique, in effetti il “chotos” è molto simile alle noststre stigghiole, forse un po’ più grasse ma, sono certo, ugualmente buone.

      Rispondi

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