Come ormai ben saprete tutto ciò che parla di Sicilia mi interessa e mi appassiona. Qualche tempo fa, precisamente durante la semina del frumento, una mia amica che frequenta assiduamente il nostro blog, mi ha informato che avrebbe coltivato dei frumenti siciliani e precisamente il tumminia, che conosco molto bene (dal quale si ricava il famoso pane nero di Castelvetrano) e il bidì.
Quando fu tempo di mietitura mi regalò alcune spighe del frumento bidì che potete vedere nell’immagine a corredo di questo post. Questi episodi mi hanno talmente incuriosito che ho cercato di conoscere meglio questo tesoro dell’agricoltura siciliana. Ho scoperto così che il frumento siciliano bidì appartiene ad una antica e rara varietà di grano riservato a pochi amatori che, rifacendosi alle proprie tradizioni tramandate da generazioni, coltivano ancora con passione i campi delle loro aziende agricole.
Stiamo parlando di un grano che cresce nelle nostre terre, comunemente chiamato margherito, dalle particolari areste nere. Anticamente importato dalla vicina Tunisia ha trovato in Sicilia un ambiente talmente naturale da acquistare eccezionali caratteristiche organolettiche particolari che oggi ne fanno un frumento tipico siciliano.
Emanuele De Cillis, studioso dell’agricoltura siciliana, nel suo volume I grani d’Italia del 1927 attribuisce al Bidì anche una parentela con il grano Senatore Cappelli, di cui sarebbe il progenitore. (fonte: http://www.storienogastronomiche.it/bidi-grano-mediterraneo/)
Malgrado questi prodotti siano di grande qualità e oggi ricercati da chi tali prodotti vorrebbe utilizzare, sembrerebbe che gli imprenditori incontrano non poche difficoltà per la coltivazione.
Mi sono imbattuto in un articolo del quale riporto uno stralcio
(fonte: http://catania.meridionews.it/articolo/7703/i-grani-antichi-tornano-sui-campi-siciliani-per-anni-li-ho-coltivati-come-marijuana/):
“…«Hanno tentato di cancellare i grani antichi dalla faccia della terra per poter vendere i semi su cui le ditte sementiere e le multinazionali hanno i loro diritti», spiega. Oggi, infatti, i contadini pagano le royalties, il diritto di proprietà, sui semi di grano, «mentre quelli delle varietà autoctone sono stati messi prima ai margini – racconta – poi nessuno li ha più coltivati e oggi addirittura uno scambio o una vendita tra contadini è un’azione illegale, perché non rientrano nella lista delle varietà commerciali e di quelle nel registro nazionale». Per questo, nella sua azienda di famiglia in contrada Pietrapesce tra la provincia di Catania e Enna, all’inizio ha dovuto coltivarli di nascosto. «Ho capito che se mi avessero scoperto mi avrebbero bloccato i contributi europei per lazienda. Quindi per circa otto anni li ho seminati come se fossero marijuana», dichiara.
Da un paio d’anni li ha introdotti come semi aziendali e la produzione biologica gli permette di utilizzarli. La sua azienda agricola di 200 ettari è la più grande nella coltivazione di grani antichi in Sicilia e la seconda per grandezza e varietà in Italia. Vi coltiva quattro tipi di grano: il Timilia, lo Strazzavisazz, la varietà più antica di grano duro presente in Sicilia chiamato per questo anche settecentanni, il grano tenero Maiorca e il margherito o bidì dalle ottime caratteristiche panificatorie. Grani che producono il 50 per cento in meno rispetto alle varietà moderne 20 quintali per ettaro invece di 40 o 50 – con un bassissimo indice di glutine e per questo digeribili…”
Tuttavia, qualche giorno fa, con grande e gradevole sorpresa, ho potuto comprare un po’ di farina ricavata dal bidì.
Ciò mi ha permesso di constatare le qualità del frumento e la grande proprietà del pane che ne ho ricavato utilizzando il mio fidato lievito naturale e del quale fra qualche giorno pubblicherò la ricetta.
Salve bellissimo progetto.dove posso trovare la farina. Grazie
Sono appassionato della agricoltura di una volta e dei frumenti antichi siciliani. Alcuni da lei menzionati, coltivate pure il senatore cappelli o il perciasacchi nelle zone di Enna ? Che tipo di terra avete come struttura . Intanto complimenti x il lavoro fatto e la passione che che ha
Gaetano Catalano, ci scusiamo per il ritardo; purtroppo il suo bel commento ci era sfuggito.
Dice bene per l nostra passione tuttavia non coltiviamo. L’esperienza da noi descritta è di una nostra amica, coltivatrice amatoriale, che vive a Raffadali. Non possiamo pertanto fornire notizie sull’argomento. Grazie
A presto
NON SO DOVE ABITA. SE IN SICILIA LO PUO’ TROVARE AD ALCAMO DA SAPORE BIO ,NEGOZIO DI PRODOTTI BIOLOGICI