Pane casereccio con lievito naturale
Anche se abbiamo già pubblicato diversi articoli riguardanti i lievitati, aggiungiamo questa ricetta del pane casereccio con lievito naturale per approfondire l’argomento, introducendo l’uso del lievito naturale.
Da oltre otto anni noi, di Ricette di Sicilia, panifichiamo regolarmente ogni settimana e questa nostra esperienza la vogliamo condividere con voi. Siamo certi che dal momento in cui preparerete il vostro pane e constaterete la differenza fra il vostro e quello del panificio continuerete per sempre a panificare. Il vostro pane sarà indiscutibilmente il più genuino e senz’altro il migliore sotto tutti i punti di vista.
Cominceremo con il descrivere come preparare il lievito naturale, il suo mantenimento nel tempo poi proseguiremo con la panificazione e daremo qualche consiglio che vi permetterà di ottenere risultati soddisfacenti.
Come preparare il lievito madre
(gentile concessione di magieincucina.com)
A proposito del lievito madre o lievito naturale vi diciamo che non è per niente complicato, così come pensavamo noi (non addetti ai lavori) tanto da avere una specie di timore reverenziale nei suoi confronti. Quindi vi consigliamo di provarci e vedrete che ogni volta che preparerete un lievitato eviterete per sempre l’uso del lievito di birra.
Ingredienti e procedimento e rinfreschi cliccate qui
Premessa
Per panificare l’indomani, come nel nostro caso, bisogna preparare il rinfresco al doppio, la sera precedente della panificazione. Questo procedimento consente al l.m. di lievitare più lentamente durante la notte ed evita l’inconveniente di ritrovarlo l’indomani mattina già collassato o sul punto del collasso.
Il rinfresco al doppio consiste nel modificare le dosi del normale rinfresco. In pratica si raddoppia la quantità di acqua e farina che restano in ogni caso proporzionalmente uguali al solito rinfresco.
Esiste anche il rinfresco triplo che è molto utile quando si pensa di non poter rinfrescare per parecchio tempo (es. 10 gg e anche più). Non si deve far altro che triplicare le dosi di acqua e farina, invece di raddoppiarle.
Supponendo di avere in frigo 300 grammi di l.m. (è quello che normalmente usiamo noi), per ottenere i 375 grammi di lievito che occorrono per panificare dobbiamo, la sera prima, tirarlo fuori dal frigo almeno un’ora prima, e predisporre due rinfreschi:
1. per panificare
rinfreschiamo al doppio con 100 gr l.m. + 200 gr farina + 100 gr acqua = 400 gr del quale utilizzeremo 375 grammi;
2. normale rinfresco da conservare in frigo
con 150 l.m. (rimanente dei 300 gr iniziali) + 150 gr farina + 75 gr acqua = 375 da lasciare a temperatura ambiente per un’oretta e poi conservare in frigo.
A questo punto passiamo adesso alla panificazione
La descrizione della ricetta prevede il solo utilizzo di farina di semola rimacinata di grano duro, pertanto se cambiate tipo di farina tenete presente di regolare la quantità di acqua. Potrebbe a tal proposito interessare quanto accenneremo sulle farine che troverete alla fine della ricetta.
Ingredienti
1,5 kg farina di semola rimacinata di grano duro
375 grammi l.m. rinfrescato e raddoppiato fatto la sera precedente
975 grammi acqua
40 grammi olio evo
30 grammi di sale
15 grammi di malto per panificazione oppure due cucchiaini di miele
per spennellare il pane
tuorlo q.b.
latte q.b.
sesamo q.b. (se lo gradite)
Procedimento
Per facilitare la ricetta indicheremo i nostri tempi per fasi di preparazione
ORE 8,30
Mettere nella ciotola della planetaria la farina, l’acqua, il malto e il l.m. spezzettato. Mettere in moto la planetaria con il gancio e proseguire fin quando l’impasto sta per incordarsi. Adesso unire l’olio, il sale e continuare a lavorare fino a completa incordatura. Si deve ottenere un impasto liscio e omogeneo staccato dalle pareti e tutto sul gancio.
ORE 9,00
Adagiare l’impasto sul piano di lavoro, pirlarlo, ricoprirlo con la la stessa ciotola della planetaria (o altra similare) e lasciare riposare per 20 minuti.
Trascorso il tempo bisogna procedere con delle pieghe di rinforzo che permetteranno al vostro impasto di svilupparsi meglio.
Esistono diversi tipi di pieghe, noi vi descriveremo quelle che userete in questa ricetta, vale a dire le pieghe a tre.
Quindi, trascorsi i 20 minuti schiacciare leggermente l’impasto con le dita con estrema delicatezza, cercando di dargli una forma rettangolare. Prendete il lembo superiore dell’impasto e piegatelo verso il centro, ripetete l’operazione con il lembo inferiore, poi con il sinistro e il destro, uno sopra l’altro e infine pirlarlo.
L’operazione va ripetuta per tre volte.
Adesso continuiamo:
ORE 9,20 (prima piega)
trascorsi i 20 minuti procedere con la prima piega a tre (se necessario cospargere pochissima semola sotto l’impasto) pirlare l’impasto e ricoprire con la stessa ciotola della planetaria (o altra similare) e far riposare per 30 minuti;
ORE 9,50 (seconda piega)
trascorsi i 30 minuti procedere con la seconda piega, pirlare l’impasto e ricoprire con la ciotola;
ORE 10,05 (terza piega)
trascorsi i 30 minuti procedere con la terza e ultima piega, pirlare l’impasto e adagiarlo (ORE 10,35) delicatamente su un cestino adatto cosparso di semola, ricoprilo con un telo e far lievitare nel forno spento per circa 7/8 ore (deve raddoppiare di volume).
NOTA:
Per controllare il raddoppio di volume potrete utilizzare uno dei due seguenti metodi (o tutti e due) che restano comunque indicativi. La vostra esperienza, col tempo, sarà la più affidabile.
1. prendere una pallina di impasto, metterla in un bicchiere, appiattirla al fondo e segnare il livello con un elastico. Questo segno vi permetterà di verificare il raddoppio del suo volume che vorrà dire anche che l’impasto del cestino sarà anch’esso raddoppiato;
2. pressare l’impasto con un dito e se, alla pressione del dito, l’impasto ritorna indietro lentamente, vuol dire che è pronto per il forno. Se invece torna indietro velocemente, significa che deve ancora lievitare. Se viceversa, alla pressione del dito, resta fermo significa che è oltre la lievitazione e potrebbe collassare.
ORE 17,30 circa
Trascorse le 7/8 ore, preparare due cestini adatti cosparsi di semola.
Rovesciare l’impasto sul piano di lavoro e, con estrema delicatezza, dividerlo in due parti.
Formare due filoni con due pieghe ( come già spiegato) e poi arrotolare avendo l’accortezza di sigillare le pieghe. Adagiarli sui cestini avendo cura di sigillare (dove è necessario) anche grossolanamente (questa parte sarà la parte del pane che poggerà sulla teglia).
Lasciare lievitare per circa 2 ore (FARE SEMPRE LA “prova dito”di cui sopra). Trascorso il tempo preriscaldare l forno statico a 250°.
Mettere la carta forno nella teglia e capovolgere sopra le forme di pane dai cestini; praticare dei tagli non profondi sulla superficie, spennellare con il tuorlo ben mescolato con poco latte e infine cospargere le due forme con il sesamo (facoltativo). Mettere un bicchiere d’acqua in una ciotola e depositarla alla base del forno; infornare per 20 minuti a 250° nella parte centrale del forno, poi abbassare la temperatura a 220° e far cuocere per altri 35 minuti. Trascorsi questi tempi se necessario continuare la cottura per altri 10 minuti a 180°.
Cenni su alcuni tipi di farine
(Fonte: www.dimensionidiverse.it )
Le farine di grano duro sono di colore leggermente giallognolo, più granulose al tatto e sono utilizzate soprattutto per preparare paste alimentari e, limitatamente al meridione, alcuni tipi di pane e pizza. Si trovano spesso in vendita con la definizione di “semolato di grano duro” oppure “sfarinato di grano duro”.
Quelle di grano tenero, invece, sono di colore bianco, hanno una consistenza quasi “polverosa” e sono sicuramente quelle più usate in pasticceria e nella panificazione. Anche loro differiscono a secondo del grano da cui vengono estratte: Stati Uniti, il Canada, l’Argentina, sono i paesi con i grani teneri di forza più famosi, come “Manitoba”, “Plata”, etc. Le farine di forza sono importantissime nella panificazione, anche se poco conosciute. Il valore *W*, serve ad indicare la *forza* della farina. Con riferimento a questi dati, la farina viene classificata in queste categorie:
1) Farine deboli – fino a 170 W
Farine per biscotti,cialde,grissini,piccola pasticceria, assorbono circa il 50% del loro peso in acqua.
2) Farine medie – dai 180 ai 260 W
Farine per impasti lievitati che necessitano di una media quantità di acqua (o altri liquidi) come pane francese, all’olio o alcuni tipi di pizza, assorbono dal 55%-65% del loro peso in acqua e sono quelle
più usate comunemente in pizzeria.
3) Farine forti – dai 280 ai 350 W
Farine per impasti lievitati che necessitano di una elevata quantità di acqua (o altri liquidi) come babà, brioches, pasticceria lievitata naturalmente e pizza, assorbono circa il 65% 75% del loro peso in
acqua.
4) Farine Speciali – dai 350 W ai 420 W circa
Farine prodotte con grani speciali, soprattutto Americane, Canadesi (una delle più note tra queste è la Manitoba o altri tipi di farine di forza ricche di glutine, usate soprattutto per tagliare farine deboli o rinforzanti di farine come segale, miglio, avena etc.
Assorbono fino al 90% del loro peso in acqua indicata a lunghissima lievitazione (impasto con biga).
Nella panificazione, le sostanze che svolgono il ruolo fondamentale sono sicuramente gli enzimi. Questi si dividono in amilasi e proteasi. Le prime attaccano l’amido della farina e producono l’alimento fondamentale per i lieviti, le seconde, invece, attaccano il glutine rendendolo più elastico.
Gli zuccheri servono ad alimentare il lievito, facendolo crescere e maturare.
Le proteine più importanti sono di due tipi: solubili e insolubili. Le più importanti – sempre nell’ambito di un discorso *culinario* – sono la gliandina e la gluteina. Queste proteine, durante l’impasto, si legano assieme formando il glutine.
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