Come per il pecorino, possiamo dire tranquillamente che il caciocavallo merita di essere annoverato alla categoria dei slow food, perché rappresenta uno di quei prodotti tipici che sono degni del diritto a vivere il pasto come un piacere.
È un formaggio tipico a pasta filata, diffuso in tutte le regioni che componevano il Regno delle due Sicilie. Infatti viene tuttora prodotto nell’Italia meridionale con latte di bovini con l’aggiunta di caglio, fermenti lattici e sale.
Il caciocavallo siciliano (cascavaddu) viene prodotto principalmente nella provincia di Ragusa (il ragusano), in quella di Palermo (caciocavallo palermitano) e in quella Trapanese.
Caciocavallo ragusano
Al latte filtrato in un recipiente, riscaldato a 35°, viene aggiunta la pasta di caglio di agnello. Dopo un’ora, la cagliata viene ridotta in granuli, viene aggiunta acqua calda a 80° e quindi depositata in appositi canestri, per permettere la scolatura del siero. A questo punto, la cagliata viene ricotta per circa quattro ore. Alla fine di questo ciclo viene rimessa nei canestri per venti ore, al fine di completare l’eliminazione del siero. Alla fine di questa fase viene tagliata a fette e riposta in contenitori dove, con l’aggiunta di acqua calda , si ottiene la filatura della pasta che , infine, viene messa nei contenitori che poi daranno la classica forma di parallelepipedo al formaggio. Le forme così ottenute vengono portate nei luoghi di stagionatura, che devono essere ambienti freschi, umidi e ventilati. Non di rado questi luoghi sono vani interrati o grotte naturali. Qui le forme vengono appese in coppia, a cavallo a delle travi (probabilmente il nome caciocavallo deriva da cacio a cavallo) per circa un mese. In questo periodo avviene la seconda salatura. La stagionatura varia da tre a sei mesi per il semistagionato e da sei mesi a un anno per lo stagionato.
Il caciocavallo è uno dei più antichi formaggi siciliani ed ha una fantastica singolarità, quella di poter essere gustato in ogni momento della sua stagionatura. In ogni fase va assumendo, un sapore ed un odore sempre più consistente: freschissimo, fresco o tenero o morbido, semistagionato e stagionato. I siciliani, maestri di cucina, lo hanno adottato sfruttandolo in tutti i modi, dal mangiarlo come semplice formaggio a condimento di mille piatti, uno per tutti lo sfincione.
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